Un altro pomeriggio spettacolare il 16 febbraio 2017 da Coste’s a Palermo in via Lazio
Un altro pomeriggio spettacolare, i vini in degustazione:
“Vanotu” 2000 Barbaresco e Barbaresco 2000
Azienda Agricola Vitivinicola Pelissero (Treiso))
Barbaresco Docg 2000 “Vanotu”
Vanotu, è il più prestigioso tra i vigneti dell’Azienda Pelissero; quello che nel 1960 ha regalato le prime bottiglie. Si tratta di un terreno situato tra i 300 e i 350 metri di altitudine, esposto completamente a sud e situato nella chiusura naturale di una delle più belle colline della zona del Barbaresco. Geograficamente si colloca sul confine dei tre comuni della zona di produzione del Barbaresco. La parte più alta si trova nel comune di Barbaresco, nella sottozona denominata Tre Stelle ed è la prima ad essere stata ripiantata da Luigi Pelissero nel 1964. Accoglie anche una vecchia casa colonica in fase di ristrutturazione per la creazione di una piccola struttura recettiva. Sotto questa porzione, a valle della strada provinciale, si estende la parte del vigneto appartenente al Comune di Treiso, nella sottozona denominata Marcarini. Percorrendo il vigneto verso est si entra infine nella porzione del Comune di Neive, la più piccola delle tre, nella sottozona denominata Basarin. Incrocio naturale di tre paesi, tre cuori pulsanti per l’intera economia di questo splendido territorio. Il microclima è ventilato con scarsi problemi di muffe grazie all’allocazione nella parte alta della collina, questo garantisce un regolare decorso stagionale anche nelle annate non proprio favorevoli. Il terreno particolarmente ricco di calcare dà origine a vini morbidi, eleganti, suadenti e carichi di personalità, sempre molto espressivi delle singole annate attraverso le note di salvia, menta, rosa, camomilla, timo e una moltitudine di erbe aromatiche che solo alcuni terreni di Langa riescono ad esprimere.
Barbaresco Docg 2000 oggi “Tulin”.
La Cascina Tolino (Tulin in piemontese) e’ stata acquistata dalla famiglia Pelissero in due momenti: una prima parte nel 1999 e la seconda nel 2004. Il nome Tulin è probabilmente legato alla persona che anticamente viveva questa terra. In dialetto piemontese infatti la parola Tulin significa piccolo contenitore di latta e il “tulé” era il lattoniere, colui che lavorava la latta.
Il vigneto è un appezzamento di 12 ettari interamente vitati a Nebbiolo (nella sottozona denominata San Stefanetto), Barbera e in piccola parte Dolcetto. Si tratta di un corpo unico, quasi una intera collina, con una altitudine che passa dai 250 ai 400 metri sul livello del mare. Al suo interno si trovano tre vecchie case coloniche e si presenta come un anfiteatro naturale esposto a sud / sud-est su una collina particolarmente ripida. Geologicamente al territorio si attribuiscono due diverse epoche di origine, caratterizzate da colline di diversa pendenza. Le più ripide come questa generalmente hanno un terreno più duro e compatto, con uno strato superficiale soggetto all’erosione molto sottile. Queste caratteristiche si tramutano in vini molto austeri, tannici, ricchi di struttura e di aromi minerali, considerati classici per la produzione di Nebbiolo. Geograficamente la proprietà è divisa tra due comuni, la parte a sud-est si trova nel Comune di Neviglie, mentre la parte a sud si trova nel comune di Treiso. I confini non sono visibili se non con strumenti topografici e anche le caratteristiche pedoclimatiche sono simili, ma per motivi legislativi solo il Nebbiolo nella porzione di Treiso può divenire Barbaresco e per questo il Nebbiolo impiantato nel Comune di Neviglie viene utilizzato per produrre il Langhe doc Long Now. Questo limite deriva da una mancanza di visione degli amministratori del passato che probabilmente col senno di poi si renderebbero conto dell’enorme errore, tant’è che già a fine ‘800 uno dei più importanti manoscritti sulla storia delle denominazioni (recentemente ristampato a cura dei Cavallieri del Tartufo e dei Vini D’Alba) già trattava questo argomento.
Si tratta della “Monografia sulla Viticoltura ed Enologia nella Provincia di Cuneo” scritto da Lorenzo Fantini che dice testualmente: “…l’unica cosa quindi che legittima la distinzione della zona è l’eccellenza e la squisitezza del prodotto. Esso si limita al puro e semplice territorio del comune di Barbaresco, lasciandone fuori anzi un piccolo segmento verso sud ed a una piccola parte del contermine comune di Neviglie. Ha la forma di un fuso le cui punte sono rivolte quasi nella direzione dei poli…”.
Chiaramente ai tempi non si faceva riferimento al comune di Treiso in quanto, sino al 1957, era una frazione del Comune di Barbaresco. Anche la storia contribuisce quindi ad evidenziare la forte vocazione vitata di questa bellissima collina.
Con il millesimo 1989, Giorgio Pelissero assume il comando della azienda. Dal 1991 i vini sono stati fermentati in acciaio inox con circa 15 giorni di macerazione, trascorrendo 20 a 22 mesi in barriques francesi, l’80 per cento di nuove e altri nove mesi in bottiglia prima della commercializzazione. Lo stile di definizione di Vanotu è freschezza ed eleganza. Anche se la frutta si dissolve in note terziarie di tartufo, liquirizia, spezie boschive, c’è dolcezza bilanciata da una vibrante acidità. C’è un cenno alla modernità, ma la quercia non è invadente. Tuttavia, concordo che l’uso della barrique si traduca in una più rapida evoluzione dei vini.
Un pomeriggio particolare: il 16 febbraio 2017, da “Coste’s”.
La qualità del vino in degustazione è stata molto elevata e la cura del servizio eccellente.
Il tema era ancora una volta legato alla possibilità di degustare un vino invecchiato a lungo in bottiglia e, in particolare, un vino piemontese. (l’affinamento del vino è il periodo compreso tra la fine della vinificazione e l’imbottigliamento).
Abbiamo portato un “Vanotu” Pelissero 2000 e un “Barbaresco” 2000 Pelissero.
Reperire annate simili non è affatto facile, né economico; avevamo solo quattro bottiglie per tipo e se anche una sola di queste avesse avuto qualche difetto avremmo potuto compromettere la serata.
Sapevamo come le bottiglie fossero state tenute per tutto questo tempo e quello che potevamo e dovevamo fare era di servirle nel migliore dei modi.
Le bottiglie, per tutti questi anni coricate, al buio e ad una temperatura costante di 14°C, sono state portate in posizione verticale e a temperatura ambiente nei cinque giorni che hanno preceduto la degustazione.
Due bottiglie sono state aperte 24 ore prima dal sottoscritto con Francesca Tamburello; abbiamo avuto modo nel corso di un paio d’ore di verificare come l’invecchiamento del Vanotu in bottiglia fosse caratterizzato da una evoluzione armonica dei diversi costituenti del colore, dell’aroma e del sapore.
In particolare ci mostrava come la sua composizione legata alla ricchezza fenolica, alle condizioni di riduzione in bottiglia, alla temperatura di conservazione costante di 14°C, all’umidità e alla tenuta ermetica del sistema (la qualità della tappatura condiziona lo stato di riduzione del vino, cioè il consumo dell’ossigeno disciolto e di quello presente nello spazio vuoto della bottiglia) abbia determinato un miglioramento delle caratteristiche sensoriali. Accanto alle modificazioni del colore, l’invecchiamento ha provocato un aumento della complessità e della finezza delle caratteristiche olfattive e gustative. Tali caratteristiche derivano da reazioni complesse che consistono nella formazione di sostanze riducenti e nell’armonizzazione degli aromi derivanti dall’uva, di quelli prodotti in fermentazione (alcolica e malolattica) e di quelli legati all’affinamento (legno, vaniglia); nel “Vanotu 2000” è successo!!
Il tempo ci ha mostrato come questo “grande vino” non solo abbia resistito all’invecchiamento, ma come abbia raggiunto le sue caratteristiche ottimali.
Il Barbaresco 2000 all’inizio della mia degustazione con Francesca presentava un sottile sentore di idrogeno solforato (H2S), appena percettibile come una “puzza di uova marce”.
Ho subito pensato all’ambiente ridotto del vino in bottiglia. Infatti ho versato il vino in un grande calice da degustazione e dopo qualche decina di minuti la “puzza” era scomparsa. L’ossigeno che man mano entrava nel bicchiere si combinava con l’idrogeno…………..
Tutte le bottiglie sono state aperte otto ore prima dalla sommelier Roberta Ambrosi la quale, dopo averne constatato l’integrità visiva, olfattiva e gustativa le ha ritappate. All’inizio della degustazione Roberta ha versato il vino negli appositi decanter e ciò, lo ribadisco, non con lo scopo di ossigenare il vino, ma con quello di evitare che residui della fisiologica precipitazione delle sostanze coloranti potessero finire nei bicchieri.
Quindi dal decanter nei bicchieri; entrambi i vini.
Insomma è stato fatto tutto quello che un bravo sommelier come Roberta sa fare.
La temperatura di servizio era di 18°C.
Per primo, il Vanotu 2000.
Seduti attorno ad un tavolo una trentina di degustatori hanno avuto modo di osservare il vino che veniva versato nei calici e lì è rimasto per qualche ora ad ossigenarsi mentre valutavamo l’evoluzione olfattiva dal tono pungente degli eteri al primo impatto, al bouquet caratteristico del vino invecchiato. Dopo circa tredici anni trascorsi in bottiglia aveva bisogno di un po’ di tempo per trovare coordinazione e lentamente svelare la sua eleganza di stile, il suo portamento che divenivano sempre più evidenti.
In quest’ora Francesca avuto modo di parlare della cantina e per lei è stato molto piacevole raccontare la storia di un territorio, il suo patrimonio culturale, ma soprattutto cercare di far conoscere gli uomini che stanno dietro a queste incredibili bottiglie. Quindi ha avuto inizio la degustazione guidata da Francesca.
Poi, Il Barbaresco 2000
Al termine un ricco buffet della casa Coste’s
Le mie impressioni
Vanotu 2000, tipica performance di annata molto calda, con leggero prematuro sviluppo. Esprime ancora forza, potenza ed ha raggiunto il massimo qualitativo che corrisponde alla maturità del vino. Ha, appena, intrapreso il viale del tramonto.
Colore granato maturo, con evidenti bagliori aranciati. Ancora bello per vivacità.
Al naso spiazzante per toni empireumatici e affumicati. Inizialmente austero, si apre a poco a poco a rivelare tartufo, liquirizia, catrame e spezie; leggermente pungente di alcol con note di frutta macerata, il tutto con una dolcezza intrinseca.
In bocca eleganza, finezza, uno sviluppo armonioso. Ha certamente potenza e struttura. Una lieve, ma perdurante, astringenza da’ un tocco di austerità; e ancora cuoio, tabacco, catrame e una precisa evocazione minerale. Un profilo lungo e vibrante. Una miriade di sensazioni che solo i grandi vitigni esprimono con l’invecchiamento.
Barbaresco 2000, ha ancora carattere e discreta struttura; ha già da tempo iniziato la terza fase dell’invecchiamento, il declino!
Il colore mostra in modo evidente come la tonalità sia evoluta verso l’aranciato.
Naso un po’ tostato, tanto che il legno appare a tratti un po’ greve; articola i suoi profumi su toni terziari leggermente ruvidi; lontano dalla complessità e dalla eleganza del Vanotu.
In bocca ha meno volume e densità del precedente e il legno torna con forza al centro della sensazione. Appare più morbido e ciò per una più accelerata polimerizzazione del contenuto fenolico e precipitazione dei polimeri. Il palato è sostenuto da una buona acidità
Ciascuna bottiglia di vino rappresenta dunque un caso particolare e la diversa resistenza all’invecchiamento dipende, da una serie di fattori legati alla sua composizione, alle condizioni di affinamento, alla tappatura e alle condizioni di conservazione.
Palermo 17 febbraio 2017 Guido Falgares