E’ finito l’anno scolastico, la cena degli alunni, 6 giugno 2018
Una Cena d’estate all’Extrò Cafè
La cena di fine anno scolastico e il tradizionale scambio di auguri di “buona estate”
Come abbiamo preparato il menù con Giovanni Trapani proprietario di “Extrò Café”e con Issouf cuoco di grande abilità.
Per creare un menù dedicato ad una trentina di persone occorre saper fare un passo indietro. Infatti volendo dare il massimo in termini di qualità e quantità, spesso si rischia di strafare.
Per non sciupare la bellezza della sequenza dei piatti e dei vini, è stato un bene misurare il crescendo delle sensazioni, inutile quindi buttare nella mischia cibi e vini che entrassero in competizione e si sovrapponessero l’un l’altro.
Il menù lo abbiamo pensato tenendo conto dell’ambiente, delle persone che abbiamo invitiamo a gustarlo, della temperatura esterna, dell’occasione per la quale ci si riuniva, della reperibilità dei cibi.
Nel rapporto con la tavola la stagionalità è un altro elemento che abbiamo tenuto in alta considerazione poiché condizionava la scelta del cibo e del vino.
Alla stessa maniera, la temperatura di servizio.
Il nostro fine è stato il piacere misurato al contesto e non l’illusione di compiere cose straordinarie.
Abbiamo dato per scontato che la cucina di Issouf rispettasse l’equilibrio degli ingredienti ed eravamo convinti che i nostri “grandi” vini avessero una loro “bevibilità”. Nel degustarli, abbiamo cercato di scoprire come avrebbe potuto aiutarci con il cibo.
Il nostro “continuo” esercizio all’assaggio del vino ha prodotto nel tempo, tra i suoi effetti migliori, un rapporto più sano con la cucina, intesa come consumo ma anche come elaborazione. Il rispetto dei profumi degli ingredienti, la capacità di sommarli senza sovrapporli riguarda anche i vini che amiamo, in un esercizio quotidiano, inestinguibile.
In un menù che abbracciava tre portate con tre vini abbiamo ritenuto opportuno iniziare con un prodotto di livello ma dalla fisionomia delicata:
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- “ ‘a ‘mpipata ri cuozzi” in abbinamento con un extrabrut “Franciacorta” Lantieri, sboccatura ottobre 2017.
Questo piatto semplice, veloce e gustoso è molto in voga sulle tavole dei palermitani durante l’estate. E’ tradizione anche andarlo a mangiare nei ristorantini o piccoli chioschi tipici vicino al mare, accompagnato da una bella fetta di anguria fresca.
Come ha proceduto Issouf:
Ha raschiato con una spazzola in acciaio le cozze eliminando incrostazioni ed impurità, le ha ben lavate e le ha poste in una casseruola capiente facendole cuocere con il coperchio. Appena si sono aperte ha spento il fuoco, le ha disposto in un piatto di portata con il liquido della cottura, le ha spolverate con del prezzemolo finemente tritato, abbondante pepe appena macinato ed un sottile filo di olio extravergine di oliva.
Ha servito l’impepata di cozze subito e ben calda.
il Franciacorta, storia antichissima quella della famiglia Lantieri de Paratico che affonda le sue radici addirittura nell’anno 930: una nobile stirpe che può vantare persino una Beata e un famoso ingegnere e matematico, nell’albero genealogico. La storia narra anche che nel castello di famiglia, edificato nel 1200 proprio sulle colline di Paratico (da qui il suffisso al cognome Lantieri), abbia alloggiato il Sommo Poeta Dante Alighieri, il quale, colpito dalla maestosità del paesaggio del Lago d’Iseo, scrisse numerosi versi della Cantica del Purgatorio. Come se non bastasse, i Lantieri erano fornitori di vino già nel 1600, alla corte dei Gonzaga. Con un patrimonio storico, familiare e culturale come questo, le responsabilità e le aspettative dell’ultima generazione dei Lantieri de Paratico sono sicuramente molto elevate. E certamente non deluse, grazie ad una produzione di Franciacorta di alto livello qualitativo.
I vigneti sono gestiti con grande cura ed attenzione al fine di ottenere frutti sani e condotti a perfetta maturazione; le uve, raccolte manualmente. L’azienda ha aderito molti anni fa ad un progetto di rispetto ambientale che ha condotto alla coltivazione biologica integrale di tutte le uve utilizzate per la produzione dei propri vini, ad una consistente riduzione di emissioni di CO2 nell’atmosfera grazie all’impiego di fonti energetiche rinnovabili ed alla riduzione del consumo dell’acqua attraverso il recupero delle precipitazioni.
Paglierino, oro verde. Il vino si distingue per freschezza e mineralità ed esprime i profumi e la polposità del frutto nella sua integrità. In bocca, appare elegante,avvolgente, con una vibrante freschezza.
Il risultato è di assoluta eccellenza.
- è il momento de “gli spaghetti all’aglio con vongole” in abbinamento con un “Riesling”: Il Rïes (Riesling renano), Tenuta Conte Vistarino, Rocca de’ Giorgi 2015
La ricetta di Issouf:
è una ricetta (fine 1700), di “Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino (Afragola, 2 settembre 1787 – Napoli, 5 marzo 1859 è stato un cuoco e letterato italiano),
che chiarisce subito due cose.
1) gli spaghetti con le vongole sono in bianco, senza pomodoro.
2) gli spaghetti vanno saltati in padella.
Issouf ha utilizzato gli spaghetti di grano duro siciliano di “Feudo Mondello” e le vongole veraci.
il Rïes, l’azienda Conte Vistarino negli ultimi anni ha alzato di molto l’asticella e offre vini sempre più convincenti e piacevoli, frutto di un paziente lavoro di studio e ricerca volto al raggiungimento di una riconoscibilità stilistica e territoriale.
Basandosi sulle caratteristiche del terroir di Rocca de’ Giorgi e sulla grande escursione termica tra giorno e notte che esalta la complessità aromatica del vitigno, la Tenuta Vistarino ha avviato il progetto Rïes. Il risultato è stato raggiunto attraverso la selezione delle uve durante la vendemmia manuale, la pre-macerazione a freddo delle stesse in cassetta per 24 ore a 4°C e con la fermentazione lenta a bassa temperatura del mosto.
L’enologo ha scelto di preservare la complessità del frutto del vigneto: uve sanissime e mature e affinamento in bottiglia.
Giallo paglierino con riflessi dorati. All’olfatto regala profumi di frutta tropicale e di agrumi (mandarini e buccia d’arancia); intenso il floreale di zagara con cenni di miele di tiglio; profonda la vena minerale di pietra focaia; lievi cenni eterei possono far presagire a future sensazioni di idrocarburo. In bocca colpisce l’equilibrio dato dall’abbondanza della componente glicerica che, con una buona massa alcolica, riesce a far da contrappunto ad una piacevole acidità e ad una piena sapidità e guidare un finale non troppo lungo. Un vino che, nonostante la gioventù, ha quasi “ogni cosa al suo posto” e lascia immaginare un probabile lungo ed espressivo futuro.
- il sorbetto ci ha dato il tempo di prepararci al “botto” finale: ‘a tunnina ammuttunata” in abbinamento con una importante bottiglia: “Vigna del Sorbo” Chianti Classico DOCG Gran Selezione, 2014 Azienda Fontodi a Panzano in Chianti.
Il tonno fresco imbottito al ragù è un classico della cucina siciliana che viene preparato nel periodo che va da maggio a giugno inoltrato. In questo periodo, nei mari della Sicilia, soprattutto in quelli trapanesi, ha luogo la “passa” (passaggio) dei tonni.
Vediamo come lo ha preparato Issouf
Issouf ha preso il tocco di tonno e, con un coltello sottile e affilato, lo ha bucato in diversi punti per inserire (ammuttunare) una foglia di mentuccia impregnata di sale e pepe nella quale ha avvolto un pezzetto di aglio. Ha spolverato di sale e pepe tutta la parte esterna del tonno, lo ha passato a farina e fatto cuocere nel tegame, a fuoco vivace, in modo che la superficie facesse la crosta, assumendo il caratteristico colore rosso-bruno o marroncino. Nello stesso tegame dove ha rosolato il tonno, ha soffritto la cipolla affettata finemente e uno spicchio d’aglio intero, ha aggiunto l’estratto di pomodoro e acqua tiepida sufficiente a diluirlo; ha “aggiustato” di sale, pepe e qualche cucchiaino di zucchero. Infine ha unito il tonno alla salsa e lo ha fatto cuocere per circa mezz’ora. A cottura ultimata, ha tolto il tonno e lo ha messo a raffreddare per poi affettarlo.
Vigna del Sorbo, Fontodi si trova nel cuore del Chianti Classico più precisamente nella vallata che si apre a sud del paese di Panzano denominata “Conca d’oro“. Fontodi appartiene dal 1968 alla famiglia Manetti dedita da secoli ad un’altra attività tipicamente chiantigiana: la produzione delle celebri terrecotte. Proprio nel nome di questo forte legame con il territorio e con grande passione per la qualità, l’azienda si è indirizzata con successo verso una coltivazione sempre più attenta dei vigneti e alla conoscenza più approfondita delle potenzialità del Sangiovese nel territorio di Panzano.
Fontodi è un’azienda biologica certificata e si estende per 170 ettari, dei quali più di 80 coltivati a vigneto. L’agricoltura che viene praticata si ispira ai principi di naturalità e di sostenibilità: non solo non si utilizzano prodotti chimici di sintesi ma si cerca di valorizzare al meglio le risorse interne all’azienda riducendo gli input esterni. Ad esempio i vigneti vengono concimati utilizzando un compost prodotto dall’unione dei residui di potatura e il letame proveniente dall’allevamento di chianine presenti in azienda. Rispettando l’ambiente si producono vini più buoni, più puliti e con una migliore espressione del territorio.
I processi di vinificazione e maturazione in legno avvengono nella moderna cantina disposta su livelli discendenti in modo da operare per gravità con un approccio il più rispettoso possibile della integrità naturale delle uve.
Tutti i vini Fontodi sono prodotti da uve provenienti dai propri vigneti, raccolte a mano, scelte con cura e vinificate in modo da esaltare il carattere dei vitigni e del territorio.
“Le sorbe o sorbole dell’antico mondo rurale sono, oggi, quasi dimenticate, al pari del proverbio “col tempo e colla paglia, maturano le sorbe, e la canaglia”.
Vigna del Sorbo, otto ettari di vigneto.
Le viti di Sangiovese affondano solide e profonde radici in un particolarissimo cru argilloso e galestroso e sono abbastanza vecchie (quarantacinque/cinquant’anni) per proteggersi dalle temperature estreme.
Abbiamo assaggiato il Chianti Classico Gran Selezione 2014 “Vigna del Sorbo“.
Sangiovese in purezza
L’edizione 2014 è invecchiata in barrique per 20 mesi, rispetto ai 24 mesi, per un’annata più calda come il 2012. Il tempo del vino in botte grande è stato esteso a quattro mesi (invece del solito mese impiegato) per concedere più tempo per una completa integrazione.
Questo vino è appena agli inizi della sua evoluzione, ma già dall’aspetto visivo, con una fittezza di pigmento e di materia, dichiara la sua appartenenza a questo particolarissimo terroir.
Se ne impregna il corredo olfattivo, che sa di amarena, mora e prugna, ma anche di viola e iris (San Polo, frazione di Greve, è rinomata fin dall’ottocento per le sue coltivazioni!), con spifferi di macchia chiantigiana, il tutto soffuso di note speziate di vaniglia, cannella e liquirizia. Tantissimi profumi in una precisa ed esclusiva armonia tra loro, influenzati da una ineguagliabile situazione pedoclimatica.
Il frutto in bocca è equilibrato, elegante, con un tocco acuto di tannini che accompagna i sapori puri scritti dalla terra stessa e dall’ambiente in cui vegeta la vigna.
Il finale è estremamente raffinato, finendo con un pizzico di mandorla amara.
Dovrebbe ulteriormente migliorarsi nel corso del prossimo anno.
Al termine, il gelato di limone al miele di acacia, con stecca di cannella e fragoloni, accompagnato da un’ampia scelta tra “Terre Arse” Marsala Vergine Vendemmia 1988, “Quinta Do tedo” Porto Vintage 1997 e un Calvados XO Pays d’Auge Lecompte.