Degustazione Venerdì 2 novembre
Conosciamo meglio insieme una delle grandi etichette che hanno fatto la storia del territorio, la Sardegna.
Argiolas “Turriga”: due diverse annate 1994 e 1999 a confronto; seguirà un’altra tipologia in assaggio e con bottiglia mascherata.
Conduce la degustazione Francesca Tamburello.
Venerdì 2 novembre ore 17.30 da Oliver Wine House – Via Francesco Paolo Di Blasi 2, Palermo
Costo di partecipazione:
euro 10 euro con l’iscrizione all’Associazione Dioniso-
Ingresso libero agli associati
Prenotazione obbligatoria ai numeri: 0916256617
3939318823/3939317393
Venerdì 2 novembre 2012, ore 17,30
siamo, come sempre, all’Oliver Wine House dagli amici Francesca Bacile e Nino Li causi. Il tema dell’incontro è una verticale con le annate 1994 – 1995 – 1999 di un grande vino, il Turriga, tenuta Turriga in agro di Selegas – Piscina Trigus, 230 metri circa sul livello del mare in Sardegna.
Conduce la degustazione Francesca Tamburello
Una terra meravigliosa; un uomo straordinario, depositario della più pura e vera enologia; un vino immenso e profondo, fatto con vitigni locali: questi sono i protagonisti della storia che vi raccontiamo, una vicenda iniziata tanti anni fa…
La Sardegna, isola dai sapori forti e patria delle emozioni più profonde, che si arricchisce dell’energia della luce per trasmetterla al vino, ci regala un capolavoro, ottenuto grazie all’intuizione di uomini di rara esperienza Antonio, Francesco e Giuseppe Argiolas, Giacomo Tachis e Mariano Murru. Oggi siamo alla terza generazione. Nasce da queste viscere un grande vino, il Turriga.
Esce per la prima volta nell’88 e immediatamente convince e appassiona la critica mondiale manifestando, da subito, la solarità di questo territorio isolato, senza mai arrivare ad esprimere pesanti sensazioni di cotto. Il suo nome deriva dal luogo in cui è stata trovata la Madre Mediterranea (che è anche il luogo che ospita i vigneti, a trenta chilometri da Cagliari), una statuina alta 15 centimetri datata 1500 a.C., rappresentata sull’etichetta e conservata ora nel museo archeologico di Cagliari. L’impulso iniziale è venuto dagli Argiolas, proprietari dell’omonima storica azienda fondata a inizio secolo che oggi conta 220 ettari di vigneto, i quali, capito il potenziale di questa terra così dolce e dura allo stesso tempo, a metà degli anni ’80, uscirono con un marchio proprio, rivoluzionando cantina e vigna.
A concretizzare tale insieme di meravigliosi fattori arrivò l’Uomo del Vino: Giacomo Tachis. Fu scelto l’assemblaggio (non chiamatelo taglio!) comprendendo che il Cannonau aveva necessità di un supporto aromatico, acido e tannico e di nobile morbidezza; tutto questo gli fu dato dall’apporto del Carignano, della Malvasia Nera e del Bovale. Le percentuali variano di anno in anno (in generale si ha un 65-75% di Cannonau) perché rispondono all’andamento climatico, e quindi vengono adattate assecondando la qualità raggiunta da ogni singola varietà. Nessuno dei vitigni è ricco di particolare acidità né presenta tratti aggressivi, tutti mostrano invece caratteristiche di grande armonia. Hanno tempi di maturazione diversi: il Carignano matura prima e non ha problemi; la Malvasia Nera e il Bovale Sardo sono a maturazione tardiva, quindi soggetti alle possibili avversità atmosferiche.
Le viti furono reimpiantate nel ’95, cambiando anche il sistema di allevamento in alberello latino, e la densità d’impianto fu intensificata fino ad arrivare a 5.500-6.000 ceppi per ettaro. La vinificazione avviene ancora in cemento e non in acciaio (che trasmette scosse elettriche) e viene mantenuto l’utilizzo del legno, barrique seminuove, in cui la sosta oscilla tra i 16 e i 18 mesi, sono impiegate come contenitori e non come “insaporitori”, in quanto la polimerizzazione avviene naturalmente, grazie all’apporto del clima. Una volta decantato, viene imbottigliato e lasciato affinare per un anno in cantina. La cosa che colpisce particolarmente non è tanto il plausibile assestamento della gradazione alcolica verso l’alto, ma soprattutto la verifica di come negli anni siano cresciuti l’estratto secco e, ancor più, i fenoli totali, a conferma della grande estrazione che si riesce a ottenere da queste parti.
Le prime tre annate, 1988, 1989 e 1990, sono considerate di rodaggio, lasciando quindi alla 1991 il privilegio di essere considerata la prima vera annata.
Il Turriga è figlio del sole e della luce, non può essere ombroso. E solare, caldo, aperto. Per questo ha colore, spessore, gentilezza e femminilità.
Turriga
Classificazione: vino rosso a Indicazione Geografica Tipica, Isola dei Nuraghi.
Provenienza: tenuta Turriga in agro di Selegas – Piscina Trigus, 230 metri circa sul livello del mare.
Suolo: calcareo medio, un po’ ciottoloso e sassoso, strati rocciosi disgregati.
Uvaggio: Cannonau, Carignano, Bovale sardo, Malvasia nera.
Clima: mediterraneo, inverni miti, precipitazioni limitate, estati molto calde e ventilate.
Vendemmia: manuale, prime ore del mattino.
Vinificazione: attenta selezione delle uve. Fermentazione a temperatura controllata 28-32 °C. Macerazione di circa 16-18 giorni con buon utilizzo della tecnica del delestage.
Maturazione: 18-24 mesi in barriques nuove di rovere francese.
Affinamento: 12-14 mesi in bottiglia.
1994 : Alcol 13,18% – Ph 3,72 – Fenoli totali 2986
Sicuramente il più premiato fra i vini in degustazione che non delude le aspettative, neanche questa volta. Alla vista è granato teso, con unghia aranciata brillante, di grande concentrazione e ottima consistenza. Ai profumi è molto profondo e caldo, con iniziale e assoluta sensazione di balsamicità. Scavando, poi, emergono note di macchia mediterranea e salmastre, di frutta matura, un tocco di scorza di mandarino ed erbe aromatiche. La fusione dei caratteri è assoluta, l’amalgama è un’esplosione di totalità, non c’è un carattere più evidente dell’altro. Sferico, fonde spessore ad eleganza con un sublime supporto di sapidità, quasi salinità. La persistenza finale è interminabile. Un grandissimo vino, indimenticabile.
Formaggi di buona stagionatura.
1995 : Alcol 12,79% – Ph 3,77 – Fenoli totali 3124
Veste che oscilla tra rubino e granato con i primi bagliori aranciati. Il naso si concede con ritrosia iniziale, giovane, ma con grande potenziale evolutivo. Una nota fruttata introduce la macchia mediterranea che sfuma, subito dopo, in quella di tostatura, di fumé, per arrivare all’incenso. Appare vino ricco, ma con una certa leggerezza. Ai palato è scattante, leggermente nervoso e con un notevole supporto acido-sapido. Sembra abbandonare l’idea della sfericità. Ritornano nel finale frutta, spezie e tocchi balsamici. Mostra gioventù marcata e prestanza e ciò lo rende proiettato verso il futuro, prospettando un lungo margine evolutivo.
Cosciotto d’agnello all’origano selvatico
1999: Alcol 13,61% – Ph 3,89 – Fenoli totali 3591
Anche l’annata controversa non ha sminuito la formidabile concentrazione e l’eleganza di questo capostipite dei supersardi.
L’aspetto visivo è di un rubino pieno, con qualche riflesso granato. Il profumo fonde caratteri floreali, un tocco di rosa, al tono fruttato di ciliegia, amarena e una punta di mora. Frutta fresca, non ancora evoluta. Un tocco di erbe aromatiche a completare, più netto. Forse un soffio di vaniglia e di spezie dolci. In bocca dimostra la sua classe riproponendo la confettura vanigliata di ribes, il tabacco e l’eucalipto; la sua gioventù è tangibile con marcata presenza del tannino: peccato di gioventù. Non ancora in equilibrio definitivo, è comunque pieno, ricco e sapido. L’assaggio chiude con rimandi di dolcezza e un crescendo di fastosità. Longevo grazie a tannini di straordinaria vitalità, regalerà a lungo emozioni diverse. Porceddu allo spiedo.
Barrua
Vendemmia: 2002
Produttore: Agricola Punica spa – Santadi – Sardegna
Tipologia: Igt Isola dei Nuraghi
Uve: Carignano (85%), cabernet sauvignon (10%) e merlot (5%)
Gradazione alcolica: 14% vol.
È il primo vino di un’azienda un po’speciale. Infatti si tratta di una joint-venture composta dalla Cantina Sociale di Santadi, un nome di grande prestigio del vino sardo, la Tenuta San Guido del marchese Niccolò Incisa, in breve il Sassicaia, Antonello Pilloni (presidente di Santadi), Sebastiano Rosa (manager di San Guido), Giacomo Tachis ( enologo sia di San Guido che di Santadi) che di questa alleanza è stato l’artefice e il paziente tessitore, a cui naturalmente è stata affidata la direzione tecnica dell’impresa.
Agricola Punica è composta da due tenute agricole, Barrua e Narcao, rispettivamente di 30 e 110 ettari, situate a poca distanza da Santadi, nel Sulcis meridionale. Per ora sono previsti impianti per circa 60 ettari, dei quali una quarantina sono già stati messi a dimora, in terreni ottimamente esposti e di grande suggestione paesaggistica.
Il Barrua è ottenuto da essenzialmente da uve carignano, il vitigno principe di queste terre, con una piccola aggiunta di taglio bordolese nel pieno rispetto dello stile di Giacomo Tachis.
Il colore è rubino netto con un unghia spiccatamente violacea e profumi intensi, ampi e complessi, di prugna, mora, inchiostro, leggera confettura di frutti rossi ma anche spezie e alloro; in bocca è cremoso, suadente, morbidamente strutturato con tannini deliziosamente dolci. È un vino elegante e piacevolissimo con un finale lungo e speziato con una sfumatura di liquirizia. Il Barrua non è solo il risultato di un’ annata felice – il 2002 in Sardegna è stata molto favorevole – ma anche l’ennesima prova di bravura di uno straordinario maestro. Qualcuno titolerà che è nato il Sassicaia sardo … la battuta è scontata, ma l’eleganza c’è.
Palermo 2 novembre 2012
Guido Falgares
P.s. Le Bottiglie fanno parte della Collezione di Guido Falgares; e messe a disposizione del “Gruppo di degustazione”.
Sarà sempre nostra regola degustare vini comprati in enoteca o facenti parte di collezioni personali.
Le degustazioni avverranno, grosso modo, una volta alla settimana; di volta in volta, via e-mail e sul sito di Dioniso vi comunicheremo il luogo, il giorno e l’ora.
Prenotazione obbligatoria ai numeri: 091.6256617 / 333.1724308