L’Annunciazione restaurata
“Il generoso intervento di sostegno al restauro dell’Annunciazione di Alesso Baldovinetti da parte di BioNike ha consentito alla Galleria degli Uffizi di presentare al meglio – entro la parata di capolavori del Quattrocento fiorentino che scandisce le prime sale – un’opera che sprigiona ora tutta la potente chiarità del suo impianto compositivo e della sua conduzione pittorica.
La ritmata cadenza spaziale, di cui è d’obbligo apprezzare il controllo geometrico, guida lo sguardo attraverso le due nitide campate di portico dove si stagliano i volumi dei due sacri protagonisti (più quello del leggio), l’aiuola “a cassone” dell’hortus conclusus, il roseto precocemente in fiore, il muro dalla pregiata pannellatura porfirea, sino al filare misto di cipressi e d’alberi contro il cielo terso.
Lo scorcio prospettico è ardito, i materiali dipinti fingono la nobiltà di marmi rari, i blu oltremare denotano l’impegno (e il costo) dell’impresa artistica”.
Cristina Acidini
Soprintendente per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze
“La soave Annunciazione che qui si presenta dopo l’impeccabile intervento di Lucia e Andrea Dori fu dipinta intorno al 1457 per il convento dei Padri Silvestrini di San Giorgio alla Costa di Firenze.
Il dato tecnico più sorprendente che è emerso consiste nella raffinata incisione che caratterizza in pratica tutte le linee di contorno presenti nei dipinti. Questo aspetto si riscontra, tuttavia, in maniera più spiccata nella nostra Annunciazione, nella quale una sottile incisione diretta compare perfino nei dettagli più minuti, quali, ad esempio, i capelli dell’angelo e le unghie delle mani. È presumibile che l’artista abbia impiegato un disegno preparatorio assai accurato, trasferito sul gesso con la tecnica dello spolvero.
A questo punto avrebbe inciso questa traccia grafica con una finezza da orafo e da cesellatore, preoccupandosi poi di eliminare ogni traccia del carbone.
Sul piano dello stile, l’intervento di restauro conferma in maniera clamorosa la derivazione diretta del Baldovinetti dall’arte di Domenico Veneziano e, inoltre, la fitta trama di rapporti con quegli artisti che operavano in riferimento più diretto con la “pittura di luce” istituita con la decorazione ad affresco del coro della chiesa di Sant’Egidio a Firenze, avviata nel 1439 da Domenico Veneziano – che aveva fra i suoi aiuti il giovane Piero della Francesca – proseguita poi all’inizio degli anni cinquanta da Andrea del Castagno e ultimata infine proprio dal Baldovinetti nel 1461”.
Angelo Tartuferi
Vicedirettore della Galleria e
Direttore del Dipartimento dell’Arte
dal Medioevo al Quattrocento