La mozzarella!

23 Gennaio 2011 by

L’Italia è ricca di innumerevoli tesori alimentari, molti di questi sono “testimoni della storia”, ancora in vita e in ottimo stato di salute… Diciamo che l’aggettivo più consono al prodotto che stiamo per presentare, non è tanto “ottimo” quanto “buono”, dove l’accezione del termine include, in primis, il significato principe del termine buono=gradevole, piacevole, … insomma, ecco a voi la “sempre fresca”, Mozzarella di Bufala!

La mozzarella si produce in piu’ parti d’Italia,ma quella di cui vogliamo trattare è quella di bufala la cui produzione elettiva si restringe a alcune regioni del centro e sud Italia e che primeggia per qualita’ organolettiche nutrizionali e di gradevolezza complessiva.Fra le varie produzioni,tutte di buon livello è quella campana che ha ottenuto la D.O.P.

Il disciplinare che tutela la denominazione di origine protetta (DOP) “Mozzarella di Bufala Campana”, trattando il legame storico e fisiologico con il territorio, così riporta: “molti documenti confermano che fin dalla fine del 1200 la bufala si allevava nell’Italia meridionale in modo economicamente valido”. Testimonianze storiche evidenziano la presenza dei bufali nell’Italia meridionale già nel sesto secolo, altre ritengono che l’allevamento sia stato introdotto da Annibale, ma ancora altre attribuiscono l’introduzione del bufalo in Campania chi ai Saraceni, prima in Sicilia e poi nella paludosa piana del fiume Garigliano (915 D.C.), chi ai Longobardi (tra il VI e il X secolo). Certamente le caratteristiche pedoclimatiche del contesto produttivo, così come contemplate dal Disciplinare della DOP campana, riguardano zone che nel passato erano paludi, pianeggianti o di bassa collina, dove l’allevamento bufalino viene effettuato con il sistema brado e semibrado o con stabulazione semilibera. Ad oggi l’allevamento bufalino sta attraversando un momento di crescita dovuto a diversi fattori, alcuni dei quali sono riconducibili alla non regolamentazione della produzione di latte mediante l’istituzione delle “quote” e dalla resa produttiva in formaggio che è quasi il doppio rispetto alla resa da latte bovino; la razza più diffusa è la razza mediterranea italiana.

 

La mozzarella come tipologia è una “pasta filata”. Per trovare prove storiche dell’esistenza delle paste filate ci affidiamo a ciò che riporta uno storico della Chiesa Metropolitana di Capua, Monsignore Alicandri: in un suo lavoro cita un documento in cui si legge che presso il Monastero di S. Lorenzo in Capua – siamo nel XII secolo – i frati offrivano, come ristoro ai pellegrini, un pezzo di pane e una mozza o provatura. Lo scritto recita testualmente: “…una mozza o provatura con un pezzetto di pane era la prestazione che i monaci del monastero di S. Lorenzo in Capua davano in agnitionem dominii al Capitolo Metropolitano il quale ogni anno, per antica tradizione, nella quarta fiera delle legazioni, recavasi processionalmente in quella Chiesa…”. Il termine “mozzarella”, così, è strettamente legato alla locuzione “mozza” che non è altro che la provatura, e forse anche la provola, come si può intuire nel testo citato di Monsignore Alicandri.

Curiosando tra i contratti per l’appalto del prodotto della “Reale Industria della Pagliara delle bufale”, era disposto che la mozzarella doveva restare nella salsa 24 ore mentre la provola 48. Sembra sempre più evidente che la mozzarella era un sottoprodotto della preparazione della provola, sottoprodotto non per qualità, ma per la sua evidente difficoltà nel mantenere la freschezza durante il trasporto, condizione indispensabile per la mozzarella. Al contrario la provola veniva affumicata in modo da poterla conservare più a lungo. La mozzarella dunque doveva essere un prodotto usato nell’ambito familiare dei produttori o a un mercato ristretto di palati raffinati. Nel 1570 apparve il testo che renderà immortale Bartolomeo Scappi, cuoco segreto alla Corte di Papa Pio V, operatore di una cucina che oggi non esiteremmo a definire “internazionale”, in un ambiente dove pervenivano specialità da ogni parte d’Italia e d’Europa. Il trattato diviso in sei libri si dimostrò essere l’opera più matura sulle esperienze culinarie della civiltà rinascimentale italiana, ed in questa si ritrova: “…capo di latte, butirro fresco, ricotte fiorite, mozzarelle fresche et neve di latte…”.

 

La mozzarella di bufala è prodotta esclusivamente con latte di bufala intero e fresco. Sono da garantire livelli minimi di grasso nel latte del 7.2% nonché di proteine del 4.2%.

Dopo un massimo di 60 ore dalla mungitura il latte viene acidificato per addizione di siero innesto naturale e riscaldato a 39°C. La coagulazione è ottenuta con caglio naturale di vitello. La rottura della cagliata viene proseguita fino ad ottenere granuli della grandezza di una noce. La maturazione della cagliata avviene sotto siero per un tempo variabile in relazione alla carica di microrganismi presenti nei fermenti aggiunti, ma oscillante intorno alle 5 ore dalla immissione del caglio. Al termine della maturazione la cagliata viene ridotta a strisce poste in appositi recipienti dove. con l’aggiunta di acqua a 95°C, viene filata e poi mozzata, onde assicurare ai singoli pezzi ottenuti la forma e le dimensioni previste – Questi vengono prima posti in acqua fredda per pochi minuti e poi in salamoia per la fase di salatura cui segue il confezionamento.

Per quanto riguarda, le caratteristiche del liquido di «governo» nel quale è immesso il prodotto dal momento del confezionamento fino all’atto dell’immissione al consumo, viene mantenuto acidulo (con la possibilità d’impiegare acido lattico o acido citrico) ed eventualmente salato.

 

La Mozzarella di Bufala presenta le seguenti caratteristiche: oltre alla forma tondeggiante, si possono trovare in commercio altre forme tipiche delle zone di produzione, quali bocconcini, trecce, perline, ciliegine, nodini, ovoline con una pezzatura che varia da 10 a 800 grammi a seconda della forma, per la forma a trecce è consentito il peso fino a 3 Kg.

L’aspetto esterno è di colore bianco porcellanato con crosta sottilissima di circa un millimetro e superficie liscia, mai viscida né scagliata.

Internamente la pasta ha una struttura a foglie sottili, leggermente elastica nelle prime otto – dieci ore dopo la produzione ed il confezionamento, successivamente tendente a divenire più fondente, senza difetti quali occhiature, provocati da fermentazioni gassose o anomale; assenza di conservanti, inibenti e coloranti.

Al taglio è fattore di qualità l’evidente presenza di scolatura in forma di lieve sierosità biancastra, grassa, dal profumo di fermenti lattici.

Il sapore è caratteristico e delicato, con un perfetto equilibrio tra il dolce, l’acidulo ed il sapido. In bocca si apprezza la struttura tipica delle paste filate fresche con una buona presenza di latticello alla masticazione. Si apprezzano note aromatiche percepibili al naso ma, soprattutto, come sensazioni retro nasali, si percepiscono note riconducibili alla famiglia dei lattici (yogurt, burro, cagliata acida), e note animali tipiche della specie allevata. Chimicamente il prodotto ha grasso sulla sostanza secca superiore al 52% ed umidità massima del 65%.

 

Per un’ottimale degustazione della mozzarella, l’ideale è non manipolarla troppo; consumarla fresca, magari condita con un filo di olio extra vergine di oliva”. Le possibilità di utilizzo in cucina che questo formaggio offre sono molteplici: tagliata a pezzettini in insalate miste, servita su piccoli toast con pomodorini secchi, accompagnata con pomodoro fresco e una foglia di basilico (insalata caprese), fritta in bocconcini o nella ricetta napoletana più famosa, la mozzarella in carrozza: due fette di pan carré farcite con mozzarella, impanate e fritte, oppure sul suo trono per eccellenza,un altro simbolo della nostra Italia: la Pizza.

Pietro Pappalardo (ONAF) con il contributo di Mauro Ricci

 

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